Avere vent’anni, per gli atleti professionisti negli sport considerati classici, significa essere appena all’inizio della propria carriera e all’apice delle proprie performance fisiche.

Al contrario, se guardiamo al panorama esport, davanti a noi ci si palesa uno scenario completamente capovolto: la vita dei giocatori professionisti ha il suo picco durante l’adolescenza, fino ad arrivare all’inevitabile burnout che provoca l’abbandono della loro carriera prima dei venticinque anni.

Il burnout

Il burnout, o sindrome da burnout, è un processo che interessa tutti i lavoratori che porta a tutta una serie di problematiche che compromettono l’efficienza lavorativa, oltre a problemi fisici e mentali.

In particolare si sta rivelando essere un problema pressante tra i gamer professionisti di League of Legends, Overwatch, Smash Bros, Dota 2 ed altri titoli la cui scena competitiva è sempre sotto i riflettori. Secondo il documentario della CBS NewsEsports: il prezzo del grind”, le cause del deperimento repentino della vita lavorativa dei professionisti è causato da diversi fattori.

Le cause

Essendo gli esports un settore che ha visto un’espansione colossale nell’arco di una paio di decenni, con i conseguenti introiti in aumento ( stimato ad arrivare novecento milioni di dollari entro il 2020 ), la pressione da parte delle compagnie sui giocatori per avere performance impeccabili è diventata notevole.
Stando al giornalista esports Richard Lewis, la vita di quest’ultimi è scandita dalle dodici alle quattordici ore al giorno di allenamento per sei giorni alla settimana, spesso vivendo in una gamehouse e condividendo gli stessi spazi per tutta la giornata.

Le conseguenze

I ritmi ininterrotti e la costante situazione di stress hanno diverse ripercussioni: sono soliti problemi muscolari al polso come la sindrome del tunnel carpale, spalle e schiena; anche ansia e depressione sono comuni e spesso causa dell’allontanamento prematuro dagli esports.

Da queste circostanze avverse però sono state introdotte delle figure professionali come psicologi sportivi, fisioterapisti e personal trainer sia nel contesto delle gamehouse che nel settore in generale, con l’obbiettivo di prevenire le problematiche fisiche e il burnout.

A questo aspetto degli esports ancora non c’è una soluzione ben precisa, essendo un mercato giovanissimo e ancora alla “prima generazione” di giocatori professionisti, ma è un argomento sempre più presente e che dovrebbe coinvolgere e preoccupare le maggiori case videoludiche interessate a mantenere i propri atleti in un ambiente sano e votato alla sportività.

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